Un artista curioso, ricco di stimoli musicali e culturali grazie anche alla sua grande passione per il viaggio, un autore per il quale “il pop è un termine nobile, che unisce Domenico Modugno e Luigi Tenco, Elvis Costello e i Talking Heads, i Beatles e Lucio Battisti”; il suo nome è Mario Venuti , ed è il cantautore siciliano che si esibirà lunedì 21 marzo alle ore 21 presso l’Osteria della Musica di Cepagatti.
Venuti, uno degli autori più importanti della musica italiana degli ultimi 30 anni, un ‘cosmopolita’ come si è definito nell’intervista concessa a Colline d’Oro, sarà in concerto nel locale pescarese dove presenterà ai suoi fan Il Tramonto dell’Occidente in Tour oltre ai suoi pezzi storici in un live d’eccezione: si tratta di un grande appuntamento per un territorio che appartiene ad un pubblico che egli stesso ha definito ‘caloroso’, ricordando i suoi concerti abruzzesi.
Lei è un artista molto apprezzato nel panorama della musica italiana ora, ma quant’è stato difficile affrontare questo percorso?
Sicuramente quando ho iniziato con i Denovo le cose erano molto diverse; con loro abbiamo debuttato al Festival Rock di Bologna nel 1982 e allora c’era proprio lo slogan “il rock italiano mette i denti”. Con noi c’erano i Litfiba che vinsero il Festival e con pochi punti di distacco arrivammo al secondo posto. Cominciò tutto in quel momento: negli anni ’80 abbiamo fatto tanti concerti, eravamo un gruppo molto in vista. Negli anni ’90 c’è stato un periodo di riflessione e nel ’94 ho debuttato come solista. Ne ho viste tante di stagioni della musica italiana, ora è cambiato tutto, anche il mercato, è cambiata la percezione del pubblico, molte cose si sono deteriorate, altre sono diventate per certi versi più semplici. Ho la percezione che paradossalmente sia diventato tutto più semplice dal punto di vista tecnico e della produzione della musica però è un mercato inflazionato e non molto redditizio oltre che iperpopolato di nomi più o meno validi.
Quindi la musica è diventata una sfida?
Si una sfida continua perché mi devo confrontare con tanti nomi nuovi, ma con il tempo mi sono costruito la mia credibilità ed il mio pubblico e vado avanti anche con la forza di questa base.
Quindi lei consiglierebbe al giovane sognatore e appassionato di musica di portare avanti la carriera in un periodo difficile, chiaramente?
Non mi permetterei mai di sconsigliarlo dico la verità, sta tutto nella sua volontà e nel suo desiderio di fare musica, nella sua urgenza di esprimersi. Certo è un mondo difficile e come sempre può essere ricco di soddisfazioni ma anche di sconfitte e amarezze. Nessuno può prevederlo.
Le sue origini siciliane hanno influito in qualche modo sulla sua carriera? Si è lasciato ispirare anche dalla sua bellissima terra?
Si a volte di più, a volte meno. Ho cercato di essere anche cosmopolita, anche se il punto di vista è sempre quello di un provinciale; ho cercato di unire le due cose anche perché nell’essere provinciale a volte ci possono essere degli elementi positivi come la genuinità, la consapevolezza della proprie radici, un punto di vista particolare, però al tempo stesso mi è sembrato doveroso studiare il mondo e quello che succede; sono stato sempre un grande viaggiatore, un osservatore attento anche alle capitali della musica e della cultura.
A proposito di mondo: cosa pensa di questa concreta tensione che si è sviluppata anche in seguito a tristi vicende come attentati, non le sembra ci sia quasi una paura dell’altro?
Mi permetto di dire che ci sono stati dei periodi drammatici anche in passato, spiragli di tranquillità si sono intravisti ma il mondo è sempre stato abbastanza irrequieto e continua ad esserlo per cui poco è cambiato.
Parlando della sua carriera: qual è l’opera che meglio la rappresenta?
In un arco di tempo di così lungo, sono sincero, per me è difficile scegliere perché poi ogni disco o canzone risponde ad un’esigenza, ad un periodo in particolare ma credo che uno dei miei album più riusciti sia Magneti, anche Grandi imprese, quelli degli anni 2000 insomma in cui ho vissuto un momento importante.
A proposito di Il Tramonto dell’Occidente, come nasce?
Il Tramonto dell’Occidente è molto particolare perché nasce da una collaborazione con Francesco Bianconi dei Baustelle e con Kaballà, mio fido collaboratore e quindi è un’esperienza a sé. È un ‘concept album’ che non avevo mai fatto, probabilmente non va più di moda però a noi è venuto in mente di farlo e ne siamo orgogliosi. È un disco che riesce a conciliare immediatezza pop con tematiche spinose come la decadenza morale e materiale dell’Occidente, ma questo spirito apocalittico e apparentemente catastrofista si sposa con una certa ironia e viene affrontato con pò di leggerezza e con una buona dose di sperenza nel futuro che speriamo tutti possa cambiare.
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